«Scrivere, non è un buon lavoro»: Moneim Rahma, una penna esiliata dal Sudan

Pubblicato in francese per L’oeil de l’exilé

Per leggere la versione in arabo tradotta da Samih Elsheikh, clicca qui

«Mi sento molto, molto triste. Scrivere poesie, non è un buon lavoro. Poiché è fonte di dolore, mi tocca e mi ricorda le nostre sofferenze». Abdelmoneim Mohamed Ahmed Rahmallah è un poeta, scrittore, attivista originario di El-Damer, città della regione del Nilo del Sudan settentrionale, in esilio a Parigi dal maggio 2015. Attualmente residente della Maison des journalistes, si trovava a L’Aia in Olanda appena una settimana dopo l’attentato a Charlie Hebdo, il 15 gennaio 2015, per ritirare il premio Pen international per la libertà di espressione. «Durante i miei studi, il mio talento di poeta si è rivelato. Quando ero al liceo, vinsi il Premio Nazionale di Poesia. Eppure, ho dovuto studiare Economia e Commercio, perché la mia famiglia era povera e non potevo dedicarmi alle Arti come avrei voluto».

Abdelmoneim-Mohamed-Ahmed-Rahmallah2Moneim Rahma non poteva tuttavia allontanarsi dalla sua passione, il giornalismo. Nel 1986, una volta laureato presso l’Università del Cairo, a Khartoum, ad un Master in Commercio, trova lavoro al giornale Al Adwa come contabile. E lì che inizia a scrivere degli articoli, fino a che non ottiene il riconoscimeto di giornalista. «Allo stesso tempo – ricorda – ho iniziato la militanza partecipando a forum, letture di poesie ed eventi culturali, contro il progetto arabo-islamico condotto dal Fronte Islamico Nazionale (FIN)».

Il 30 giugno 1989 il FIN prende il potere con un colpo di stato militare. Scioglie tutti i partiti politici, le organizzazioni della società civile e le associazioni culturali. Sospende infine la pubblicazione di giornali. «I problemi e il controllo delle mie attività iniziarono all’epoca, impedendomi di partecipare alle attività culturali». In quel momento, è testimone di diffusi arresti di intellettuali, scrittori e poeti ostili ai golpisti. Nasce il fenomeno delle «case fantasma». Nel 1991, la sua casa viene messa sotto stretta sorveglianza. Temendo l’arresto e il trasferimento in una casa fantasma, Moneim Rahma fugge a Asmara, grazie all’aiuto di amici del Fronte Popolare per la Liberazione dell’Eritrea.

È dopo tre anni trascorsi in Eritrea che scopre la natura repressiva del regime. «Ho quindi cominciato a criticare queste pratiche, mettendo la mia vita in pericolo e costringendomi a fuggire nella vicina Etiopia».

A Addis Abeba, il giornalista-attivista lavora nell’ufficio stampa dell’Ufficio del Golfo. Scrive articoli sulla situazione in Sudan, delle operazioni di pulizia etnica e della repressione. Usa lo pseudonimo di Amara Mohamed Saleh, a causa della forte presenza di agenti della sicurezza sudanesi in Etiopia. Tre anni dopo, nel 1997, entra a far parte del Movimento di popolare di liberazione del Sudan (SPLM). «Ho rifiutato il reclutamento e l’addestramento militare. Insistevo sul fatto che tenevo alla mia libertà in quanto scrittore e poeta» precisa.

Nel 2001 Moneim Rahma viene trasferito a Nairobi, in Kenya, per lavorare alla radio «Servizio Radio Sudan», specializzata in materia di istruzione. «Questa radio, finanziata da istituzioni americane, era interessata all’educazione civile. Era emessa in nove lingue, io ero il capo del servizio della sezione araba». Si dimette nel 2005 dopo la firma del Accordo di Naivasha (CPA). Torna cosi a Kurmuk, nello stato del Nilo azzurro, in Sudan, dopo la sua liberazione da parte dell’Esercito Popolare (SPLM / A) per lavorare come responsabile della comunicazione dell’amministrazione civile, installata  dall’esercito popolare. Un anno dopo, a Juba, fonda l’organizzazione «Sudan della Cultura e delle Arti», che si interessa a tutte le culture sudanesi e opera, attraverso il teatro itinerante, alla diffusione della cultura della pace tra le diverse etnie, religioni e tradizioni.

Dopo il teatro, Moneim Rahma si interessa al cinema. Nel 2009 fonda, con un gruppo di cineasti, l’associazione «Gruppo di cinema sudanese», e grazie al sostegno del Ministero della Salute, produce diversi cortometraggi educativi sulla salute dei bambini.

نهر-النيلNel 2010, lo scrittore decide di partecipare alla gestione della campagna elettorale del candidato del MPLS, Malik Agar, per la carica di Governatore dello stato del Nilo Azzurro. «Ero responsabile dell’ufficio stampa della campagna. Malik Agar vinse le elezioni nonostante i tentativi di brogli da parte del Partito del Congresso Nazionale (PCN). Fui nominato consigliere dell’informazione presso il governo eletto». Nel febbraio 2011, Rahma Moneim fonda la rivista El Zarqaa, la voce del governo dello stato, «per la prima volta nella storia della regione», precisa.

Il 1 ° settembre 2011, un attentato al vice governatore della regione spinge Malik Agar a riunire d’urgenza il Consiglio dei ministri. Le forze del governo centrale, che avevano pianificato tutto ciò, si schierano immediatamente e viene decretato lo stato di emergenza su ordine personale del presidente El Bashir che licenzia Malik Agar.

Il giorno dopo, scoppiano gli scontri nella città di Al Damazine tra l’esercito popolare e l’esercito regolare. «Ho cercato di fuggire a piedi verso la città di Kurmuk, dopo aver lasciato la mia auto a Al Damazine. A 15 km a sud della città, sono stato arrestato dall’esercito regolare. Da quel momento, sono stato vittima di torture, una parte dei miei baffi è stata tagliata e l’altra parte è stata bruciata con un accendino …. Mi hanno gettato su un mezzo militare e isolato in un vecchio magazzino. Mi hanno picchiato, gli interrogatori si susseguivano. Mi hanno rotto il ginocchio destro perché avevo una rubrica sulla rivista El Zarqaa dal titolo «Bastonata al ginocchio». Ho perso 10 denti. Le torture sono continuato per settimane e per mesi». Una commissione militare viene creata all’interno del carcere: «Sono stato accusato di pianificare un colpo di stato, di aver lavorato per l’estero, di aver auspicato uno stato laico e combattuto Islam e arabismo». La Commissione lo condanna alla pena di morte, il 23 novembre. Un’altra condanna alla pena capitale viene emessa contro di lui e altri 17 membri del movimento popolare. A seguito della campagna locale, regionale e internazionale in favore della sua liberazione, il 18 agosto 2012 Moneim Rahma viene messo agli arresti domiciliari nell’isola di Touti. Non può esercitare alcuna attività, sotto la minaccia della sua sicurezza e quella della sua famiglia. Le sentenze alla pena di morte non vengono annullate.

È a partire da quel momento che comincia a pianificare la sua fuga in Etiopia, nel marzo 2013. «Sotto l’egida dell’Unione africana, ho preso parte alla delegazione del movimento popolare del Nord (SPLM / Nord), ai negoziati di pace con il governo sudanese ad Addis Abeba. Dall’inizio del 2014, molti cambiamenti sono emersi nell’atteggiamento dei paesi della regione. Un fronte tripartito composto da Etiopia, Egitto e Sudan viene creato intorno alla Grande diga della rinascita etiope, accompagnato da accordi di sicurezza, che trasformano la capitale etiope in un covo delle attività della sicurezza sudanese. Le autorità etiopi hanno anche iniziato a minacciare alcuni membri del movimento di consegnarli alle autorità sudanesi, chiedendo agli altri di lasciare il loro territorio. Ciò mi ha spinto ad anticipare la mia decisione il 1 ° maggio 2015».

A Parigi Moneim Rahma continua a scrivere ogni giorno, dall’alba al tramonto, nella sua stanza alla Maison des journalistes. «Sto scrivendo il mio secondo romanzo e allo stesso tempo mi dedico a redigere la sceneggiatura di un film» fa sapere, e aggiunge: «Sto lottando tenacemente per integrarmi: partecipo all’organizzazione di concerti e alla produzione radiofonica. Se posso accedere a Internet e alla scrittura, se posso rimanere in contatto con altre persone, andrà bene. Molti richiedenti asilo non hanno nemmeno un tetto o un indirizzo prima di iniziare tutte le loro procedure …» Tuttavia il giornalista attende che la sua famiglia, rimasta in Sudan, possa raggiungerlo. E le pratiche richiedono tempo, nonostante il sostegno dei dispositivi francesi. «Amo i francesi, che sono molto accoglienti e pieni di umanità. Rispetto il loro governo, che è l’unico che ha ospitato i colloqui di pace per il Sudan sostenendo i partiti di opposizione …». La passione politica gli fa brillare gli occhi, le sue azioni sono infatti ben legate al suo pensiero: «Ama i tuoi genitori e unisciti all’umanità» è lo slogan dello scrittore.

 

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